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Marracash, Status: “In questo disco le mie canzoni parlano per me”

Il nuovo lavoro di Marracash uscirà il 20 gennaio 2015, ma i fan sono già in fibrillazione. Intanto il rapper ha incontrato la stampa italiana nella sede della sua casa discografica

pubblicato 15 Gennaio 2015 aggiornato 29 Agosto 2020 10:08

E’ stato difficile riuscire a sintetizzare i passaggi più interessanti dell’incontro che Marracash, che sta per dare alle stampe la sua ultima fatica, “Status”, ha fatto con la stampa italiana. Una lunghissima chiacchierata, in cui il rapper è riuscito a mettere diversi puntini sulle i.

Un esempio? Beh, sull’hip hop si fa ancora tanta confusione e adesso, che il genere è riuscito ad emergere in modo preponderante dall’underground ormai da alcuni anni, bisognerebbe iniziare a imparare a coglierne tutte le sfumature, e a non mettere insieme in un calderone artisti in realtà profondamente diversi tra loro (un po’ quello che accadde con il famoso ‘scatolone grunge’ di cui una volta mi parlarono i Soundgarden):

“L’ostacolo della comprensione con voi giornalisti è capire ‘quello fa hip hop, tu fai hip hop, che differenza c’è?’. Ma nel rock nessuno metterebbe insieme gli Afterhours e i Finley. Perchè per l’hip hop non è così? Io faccio musica da 10 anni, perchè devo essere messo in un calderone di gente che fa tutt’altro. Non è un giudizio negativo, ognuno fa quello che vuole, ma non ho faticato 10 anni per finire insieme ad altri 15 artisti hip hop che fanno cose diverse da me”

Negli ultimi tre anni, secondo Marracash, il rap si è “inzuppato dei canoni stantii della musica pop italiana”:

“Non è in discussione il mio stare nell’hip hop. Forse è in discussione lo stare nell’hip hop degli altri: con questo disco ho capito cosa volevo dalla musica e cosa volevo essere nella musica. Che l’hip hop abbia una vocazione pop è una cosa sacrosanta e legittima, dipendi come tu arrivi ad essere pop. Io non volevo sacrificare la metrica e le produzioni per arrivare a tutti. Puoi arrivare al pubblico dandogli quello che vuole, o puoi arrivare al pubblico perchè sei molto bravo e la tua musica interessa alla gente. Mi sono chiesto anche io che senso avesse fare musica hip hop oggi”

E il disco stesso è la sua risposta:

“Ha senso perchè secondo me l’hip hop deve educare i giovani ad essere ribelli, soprattutto nel 2015. A 20 anni ci si aspetta da un ragazzo quantomeno una ribellione, un atteggiamento di rottura con il passato. Se questa cosa non c’è è preoccupante”

“Status”, che uscirà il 20 gennaio 2015, anticipato domani dal singolo “In radio”, è una conferma del suo talento come songwriter, e come dice il titolo stesso, una nuova affermazione.

“Questo è il disco a mio parere più solido, più monumentale, più compatto come intenti e argomenti. Mai come in questo disco sento che le mie canzoni parlino per me, specialmente per alcuni pezzi, che sono densi di contenuti che non è facile assimilare ad un primo ascolto. Il disco risponde alla domanda: chi voglio essere? Questa è la maturità per me. Non voglio diventare quello che odiavo, per me è importante. Il rischio è un po’ quello, che ad un certo punto diventi quello che odiavi, quello che non volevi essere quando eri ragazzo”

L’album arriva a distanza di tre anni da “King del rap”, pubblicato nel 2011:

“Non faccio musica per rispettare dei calendari o delle leggi occulte di mercato che impongono che ogni anno deve uscire un disco, non è l’intento di un artista che si definisca tale. Questi tre anni non sono stati dedicati soltanto alla scrittura del disco, ma anche ad accumulare esperienze tali da avere qualcosa da dire in un album, per non fare un album che fosse la fotocopia di quelli precedenti”

Il disco è stato realizzato tra Milano, Los Angeles e Londra: tre città in tre Paesi con una concenzione della musica totalmente diversa:

“All’estero c’è molta più considerazione della musica. Non c’è musica in tv da noi, e non c’è neanche critica: ecco, una cosa che secondo me manca è la critica. Tutto è lasciato al pubblico, ma ci dovrebbe essere questo strumento. Chi fa recensioni di musica? Non c’è questa cosa. Ci sono dischi che non fanno il botto ma sono incensati da una certa critica che li porta a diventare dei casi discografici. Chi fa un genere di musica non facile, non così scontata e di primo accchito ha bisogno di un’interpretazione, di una critica che qua latita”

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