Home Vasco Rossi Vasco Rossi, intervista esclusiva su Facebook: “Per cambiare il mondo bisogna cambiare tutto. Anche quello che ami”

Vasco Rossi, intervista esclusiva su Facebook: “Per cambiare il mondo bisogna cambiare tutto. Anche quello che ami”

Su Facebook, Vasco Rossi si racconta in un’intervista pensata proprio per i suoi fan. Ed ecco le sue parole e risposte direttamente dall’hotel in Puglia

pubblicato 8 Novembre 2014 aggiornato 16 Ottobre 2020 16:32

E’ uscito Sono Innocente, il nuovo album di Vasco Rossi, anticipato dal singolo Come Vorrei. Mentre si trova in un hotel in Puglia, il rocker racconta della sua passione per le lunghe passeggiate, il mare, in un luogo in cui riesce a ritrovare se stesso e la propria serenità. Dopo aver pubblicato il disco, Vasco ha un piano ben preciso, come riportato direttamente sulla sua pagina Facebook ufficiale:

“Così dopo posso andarmene in letargo. Dormo, recupero le energie. Poi leggo molto, visto che ho tanto tempo libero. Mi piacciono i trattati di psicologia. Era la mia prima passione, volevo fare lo psicanalista, poi ho dirottato sul disc-jokey, chissà perché. Leggo per cercare di dare un senso anche alla vita reale, ma anche per imparare a morire. Bisogna farlo con lo spirito giusto”

E l’innocenza di cui si parla nel titolo dell’album? A cosa si riferisce esattamente?

“Ha diversi significati. È quella dell’artista quando compone, se è un vero artista. E poi in una canzone guascona come “Sono innocente ma…” me la prendo con chi mi ha sempre sfidato. Sparatemi ora, vediamo chi sta in piedi! È un album di nuove consapevolezze e vecchi rancori”

Il brano che maggiormente l’ha sorpreso, una volta riascoltato il disco, è sicuramente “Come Vorrei”. Lo ha portato a diverse riflessioni e analisi, fino ad arrivare ad un concetto anche dolceamaro:

Col tempo mi sono accorto che per “cambiare il mondo” bisogna cambiare tutto, anche quello che ami. Cambiare è un pacchetto completo

Qui sotto l’intervista completa:

    Inter…vista…esclusiva…originale…solo x voi!!!

    Un albergo immerso in una pineta, a pochi minuti dal mare: è qui che incontriamo Vasco Rossi, che ormai in Puglia è uno di casa. «Me l’ha ordinato il medico, dovrei fare tre mesi all’anno di talassoterapia» ci dice con un sorriso. «Vengo qui a ritrovare me stesso, faccio grandi passeggiate, c’è il mare, lo iodio. È un posto fantastico».
    Ci sediamo su un tavolo illuminato in un grande salone buio. Un’intervista con Vasco è sempre qualcosa di imprevedibile. E oggi è in gran forma, un fiume in piena, lucido e ironico. Non vede l’ora di farvi sentire «Sono innocente», il suo 17° album in studio. «Così dopo posso andarmene in letargo» scherza.
    Cosa fai quando sei in letargo?
    «Dormo, recupero le energie. Poi leggo molto, visto che ho tanto tempo libero».
    E cosa ti piace leggere?
    «Mi piacciono i trattati di psicologia. Era la mia prima passione, volevo fare lo psicanalista, poi ho dirottato sul disc-jokey, chissà perché. Leggo per cercare di dare un senso anche alla vita reale, ma anche per imparare a morire. Bisogna farlo con lo spirito giusto».
    Ora ti senti più in pace con te stesso?
    «Ci provo, è l’argomento della canzone “Duro incontro”: bisogna andare d’accordo con sé stessi, prima che con gli altri. Quando esco io indosso una facciata di sicurezza, perché se mostrassi la mia debolezza e la mia confusione mi metterebbero in manicomio. Poi quando incontro la gente mi tranquillizzo: gli altri sono messi tutti come me».
    Cos’è per te «l’innocenza» del titolo?
    «Ha diversi significati. È quella dell’artista quando compone, se è un vero artista. E poi in una canzone guascona come “Sono innocente ma…” me la prendo con chi mi ha sempre sfidato. Sparatemi ora, vediamo chi sta in piedi! È un album di nuove consapevolezze e vecchi rancori».
    Qual è il brano del disco che ti ha più sorpreso, riascoltandolo?
    «“Come vorrei” è il pezzo più importante dell’album. È una ciambella col buco. Quando Tullio Ferro scrive una musica così bella io ci metto tutta l’anima per tirare fuori le parole giuste. È un pezzo che parla del rapporto con la vita e con il mondo. Di come quando fai un progetto lo devi portare a termine. Sarebbe più semplice andare via, ma io resto qui. E se sono ancora qui è per amore, perché amo fare canzoni, comunicare con la gente, le loro reazioni».
    Quindi non è una ballata.
    «Se sostituisci il “me” al “te” diventa un’autoriflessione, mascherata da canzone romantica. Col tempo mi sono accorto che per “cambiare il mondo” bisogna cambiare tutto, anche quello che ami. Cambiare è un pacchetto completo».
    Senti, ma non ti avevano annoiato gli album?
    «Anche a me capita di comprare singoli e fare playlist. Di ascoltare un pezzo di Samuele Bersani e dopo uno di Caparezza. Ma non è bello, a volte, sentire un’ora di musica di uno stesso artista? Comunque “Sono innocente” è più una raccolta di futuri singoli, io lo chiamo “greatest hits di inediti”».
    Ti capita ancora di avere delle paure alla vigilia di un album?
    «Quando il disco è fuori, è il momento peggiore, perché si ricomincia da capo! Ma sono contento perché va nel mondo e nel cuore della gente. Poi, ehi, chi mi ama mi seguirà: gli altri sono un problema che non mi sono mai posto, figurati se me lo pongo adesso».
    E presentare il disco ai giornalisti, invece, ti spaventa?
    «A Vasco Rossi no, a me sì. Sai, se devo cantare davanti a un sacco di gente non c’è problema, ma se devo parlare… mi distraggo, non riesco a finire i concetti».
    Fin dalle prime note quest’album ha un sapore quasi metal, come sono nate queste sonorità?
    «Negli ultimi concerti c’è stata una svolta “heavy”. I dischi di solito sono più leggeri delle esibizioni dal vivo: “Rewind”, per esempio, è del tutto diversa. Invece qui ci siamo sfogati, si sente proprio l’impronta di quella svolta».
    E allo stesso tempo c’è molto romanticismo.
    «Diventando vecchi si diventa sentimentali! (ride). Io sono sempre stato romantico, anche se con l’età si acquista un po’ di cinismo in più. Diciamo che è meglio fare finta di niente o viene l’acidità di stomaco. Spesso però il romanticismo delle canzoni è ironico: per esempio “Aspettami” è tutta una presa in giro.
    Ma queste canzoni rispecchiano mai la tua vita sentimentale?
    «Diciamo quella immaginaria (ride). Io scrivo con l’immaginazione, tanto che a volte scrivo canzoni che raccontano cose che non mi sono ancora successe. “Come vorrei” per esempio rappresenta quello che sono in questi giorni. Sto pensando se voglio cambiare il mondo. Intanto penso che cambierò casa».
    E dove vuoi andare a vivere?
    «In centro, vorrei vivere in città. Sai, io già sto molto nel mio mondo. Se mi isolo anche nell’abitazione divento un eremita. Rischio di diventare matto! Forse è meglio se torno tra la gente, perché quando vedo la gente mi tranquillizzo».
    In città saresti assalito dai fan…
    «È vero che quando mi riconoscono in tanti divento ansioso. Ma magari, dopo un po’, a forza di vedermi, si abituano. “Ma no, ancora Vasco?”.
    Il tour negli stadi è stato un trionfo. Hai già voglia di tornare sul palco?
    «Per forza! Sennò cosa faccio, sto a casa a leggere? Suonare dal vivo è l’unico motivo per cui si fanno i dischi. Per me è sempre stato così. Io non so nemmeno quanti dischi ho venduto, non mi interessa. Quello che conta è arrivare al cuore della gente. Finché loro si divertono e io mi diverto, vado avanti. Fino a esaurimento scorte».
    Quindi nel 2015 tornerai in tour?
    «Non ci saranno limiti, voglio suonare in tutta Italia. Sono anni che faccio solo poche città, ora ho un nuovo slogan: “state pure a casa, vengo io a suonare a casa vostra”. Non abbiamo ancora fissato le date, ma ce ne saranno molte».
    Com’è stata l’esperienza dei documentari su di te trasmessi da Sky Arte?
    «È stato bello, ho conosciuto tanta gente in gamba. Barbara Frigerio, l’autrice e Peppe (Giuseppe Domingo Romano, ndr), il regista a cui ho affidato il video di “Come vorrei”. Tra noi c’è stato subito feeling».
    Come hai scelto la location del video, la Diga di Ridracoli?
    «Ha fatto tutto Peppe, io gli ho dato fiducia completa e ho fatto bene. E poi il bianco e nero rispecchia il concetto del rock: un linguaggio senza mezzi termini, fatto di ballate e pezzi tribali. Il rock si adatta alle nevrosi. Se sei un po’ nevrotico, si sincronizza con te. Se sei un tipo calmo, dici “cos’è ‘sta roba?” e cambi canale».
    Posso chiederti se ti piaci con questo nuovo look?
    «Adesso sì, all’inizio è stato un trauma. Rasarmi per la prima volta la testa è stato un gesto forte. L’avevo fatto per “Blob”, per rifare il colonnello Kurtz in “Apocalypse now”. Ma sai il gusto di rasarsi da solo? Non ho più il problema dei capelli! Quest’estate ho sperimentato di tutto, dalla macchinetta al rasoio. Avevo una gran paura di farmi dei tagli. Ora sono tornato dal mio parrucchiere: se ti rasi da solo diventi rotondo, invece vedi che ora la mia testa ha un aspetto più a punta? (ride)».
    Nel disco c’è una canzone del tuo passato, «Marta piange ancora».
    «L’ho scritta quando avevo 15 anni. Era spuntata su Internet, ma era una copia rubata. L’ho ripresa, l’ho finita e l’ho ricantata: era carina e quella versione si sentiva male. Adesso è un gioiellino».
    E la canti come la canterebbe il Vasco di tanti anni fa.
    «Ma io quando canto è sempre come se avessi ancora i pantaloni corti, ritorno bambino».
    Mi racconti di «L’ape regina», che hai scritto con tuo figlio Luca?
    «L’abbiamo fatta a quattro mani, lui aveva scritto le prime due strofe del testo».
    Com’è nata l’idea di fare un pezzo quasi «alla Branduardi»?
    «Le parole avevano il sapore di una filastrocca, quindi anche musicalmente abbiamo voluto registrarla come una favola antica. È un Vasco “vintage”. Mi sono proprio divertito a cantarla, il testo è fortissimo. Racconta quello che hanno le donne: il potere della nudità!».
    Vi era mai capitato di lavorare insieme, padre e figlio?
    «No, è l’unica volta. E non credo che avrà seguito. Lui disegna, adesso fa anche animazioni al computer, il suo è un viaggio completamente diverso. Io ho la musica, lui le immagini».
    Ma ti fa mai ascoltare la musica che gli piace?
    «Ogni tanto ci prova, ma ho raggiunto un limite… perché ascolta del metal pesantissimo. È troppo per me. I giovani vanno oltre, ed è giusto così. Largo ai giovani, io mi fermo qua!».
    Tu hai tanti impegni, ma riesci a ritagliarti un po’ di tempo per la famiglia? Com’è Vasco Rossi in casa?
    «Intanto in casa non sono Vasco Rossi, sono io. In casa c’è la famiglia, c’è Luca, la Laura… e io vengo al terzo posto. Lì non ho problemi, è un mondo separato, c’è una confidenza diversa sono me stesso. Vasco Rossi ogni tanto ci entra, per esempio con la tv, ma di solito stacco del tutto. Il nostro rapporto non è viziato dalla presenza di Vasco Rossi. Sono più rilassato. Quella è la vita di tutti i giorni».
    La famiglia quindi è la tua isola felice?
    «È il mio rifugio dal frastuono del mondo di Vasco».

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