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Giuliano Dottori, L’arte della guerra Vol.1: “E’ un percorso di conoscenza di sè, su come prepararsi ad affrontare i conflitti”

La nostra intervista al cantautore e chitarrista, che ci presenta il suo terzo disco solista

pubblicato 16 Aprile 2014 aggiornato 29 Agosto 2020 19:59

Ex Amor Fou, il chitarrista e cantautore Giuliano Dottori è arrivato al terzo disco solista. Si tratta di un lavoro scritto e realizzato tra il 2008 e il 2012, anni caratterizzati da diverse e significative esperienze: questi quattro anni infatti hanno portato l’artista a riflettere sul valore dell’attesa e sul rapporto tra passato, presente e futuro.

Nasce così “L’arte della guerra Vol.1” (uscito lo scorso 1° aprile), che prende il nome dal manuale di saggezza e tattica bellica di Sun Tzu. Ci siamo fatti raccontare qualcosa in più su questo lavoro proprio da Giuliano…

Come e quando nasce il tuo disco?

È stato un processo molto lungo, fatto di varie sessions. Ho la fortuna di avere uno studio di registrazione a Milano, dove posso disporre del tempo in modo quasi totale. La fase di scrittura è durata un paio d’anni, dal 2010 al 2011 circa. La fase di arrangiamento ha occupato pure un paio d’anni, fra il 2011 e il 2012. Infine la fase di registrazione e missaggio è stata più concentrata nel 2013, anche se avevamo una preproduzione molto dettagliata.

Ci racconti il perchè del titolo “L’Arte Della Guerra”: guerra contro chi, o contro cosa?

L’arte della guerra è innanzi tutto un percorso di conoscenza di se stessi. C’è una componente di strategia bellica che però è molto meno interessante, secondo me. Diciamo che il vero fulcro di questo concept è più prepararsi ad affrontare i conflitti, che siano sociali, personali o affettivi.

“L’arte della guerra Vol.1”, ci sarà anche un Vol. 2?

Sì, avevo molte molte canzoni da parte e il disco doppio mi è sembrata la strada più naturale. Il doppio volume mi piace perché proietta il disco in avanti.

Come nasce la collaborazione con Simone Massi, che ha realizzato la copertina del disco?

Ho conosciuto l’opera di Simone grazie a mio fratello. Credo che sia un artista semplicemente straordinario. Quando gli ho scritto mandandogli due canzoni, la sua risposta è stata piena di umanità vera, tangibile, commovente, si è detto disponibile a firmare la mia copertina dandomi la massima libertà nello scegliere l’immagine che più di ogni altra raccontasse il mio disco. Ho scelto questa bambina che nasconde qualcosa fra le mani, con un cane di fianco: è un volto senza tempo, un volto di campagna. Mi è sembrata perfetta.

Il disco sarà pubblicato sulla tua etichetta, come mai hai deciso di lanciarti in questa avventura – oggi come oggi -?

Credo che sia l’unica strada possibile, lo disco – credo – con cognizione di causa, avendo fatto dischi con piccole etichette indipendenti e con grosse major: avere una propria etichetta ti dà il massimo in termini di libertà creativa e di ritorno economico, ma chiaramente bisogna essere supportati da una promozione adeguata e una strategia a 360 gradi.

Hai creato l’etichetta con tuo fratello Corrado, che fa il viticoltore. Vai mai in campagna con lui e se sì, ti ispira come dimensione a livello creativo o preferisci la tua città?

Con mio fratello condividiamo un festival di musica che si chiama Musica Distesa e che mi porta ogni anno in campagna, negli splendidi Castelli di Jesi in provincia di Ancona. Poi al di là di questa occasione, cerco di scendere più volte possibile perché è un posto magico dove riesco a ritrovare un’energia antica. Detto questo, io ho bisogno della metropoli, della città, delle sue nevrosi, delle sue manie: per questo mi piace Milano!

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