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Decreto Valore Cultura e musica dal vivo: Siae, si dovrà pagare anche per i concerti fino a 200 persone

Dopo l’approvazione definitiva emergono nuovi aspetti legati alla legge voluta dal Ministro Bray

pubblicato 15 Ottobre 2013 aggiornato 30 Agosto 2020 04:04

Come volevasi dimostrare. In molti, alla notizia del passaggio in legge del Decreto Valore Cultura voluto dal Ministro Massimo Bray avevano esultato. Non si sa bene per che cosa.

Sì, è stata semplificata – e ridotta – la burocrazia per concerti con meno di 200 persone (si potrà fare un’autocertificazione per documenti quali la licenza di pubblico spettacolo, autocertificazione che dovrà essere consegnata allo sportello unico delle attività produttive del Comune di appartenenza).

Ma la Siae bisogna pagarla lo stesso.

Il permesso, e le pratiche vanno comunque sbrigate anche se il concerto è di dimensione ridotta. E proprio qui a nostro avviso nasce il fraintendimento sul Decreto diventato Legge: festeggiamenti per una presunta liberalizzazione che di fatto non c’è stata. Infatti dal punto di vista del diritto d’autore non cambia nulla.

Anche se, come segnala sul portale Rockit l’avvocato Simone Aliprandi, allo stato attuale non è stata ancora chiarita la posizione del famoso borderò.

Secondo la Società Italiana degli Autori ed Editori la compilazione è sempre obbligatoria in base ad una norma risalente al 1942 (decreto di attuazione n. 1369 del 1942 relativo agli articoli 175 e 176 della legge sul diritto d’autore n. 633 del 1941), ma secondo un’altra analisi questa vetusta legge “risulterebbe abrogata implicitamente dal 1997” (gli articoli 175 e 176 sono stati infatti abrogati nel 1996).

Musica dal vivo, arriva il Decreto Valore Cultura del ministro Bray: qualche perplessità

Ciao, noi (in senso lato si intende) siamo quelli che vanno ai concerti, quelli che i concerti a volte li organizzano pure, spesso rimettendoci di tasca propria. Le problematiche legate alla burocrazia che affligge chi lavora nell’ambiente sono ben note, da anni, e da anni ce ne lamentiamo (sempre in senso lato).

Ma il governo ha deciso di interessarsene solo dopo che l’organizzatore di concert…ah no, l’archistar ed ex assessore (silurato) alla Cultura di Milano Stefano Boeri ha scritto una lettera aperta su un portale di petizioni.

Si sa, le corsie preferenziali.

La petizione di Boeri, che ha raccolto 36.000 firme, ha subito richiamato l’attenzione dei media, delle riviste di settore, e del ministro alla Cultura Bray, destinatario dell’accorata missiva, che ha presentato qualche settimana fa il cosiddetto Decreto Valore Cultura.

Il ddl di conversione del decreto, varato dal consiglio dei ministri il 2 agosto scorso e modificato successivamente, è stato approvato nell’aula del Senato (175 sì, 18 no e 54 astenuti – per la cronaca, i contrari erano Lega Nord e gli astenuti il M5S) e dovrà essere confermato alla Camera entro l’8 ottobre.

All’interno è presente, tra le altre, una norma che regola proprio la musica dal vivo.

Rivoluzione? Dipende dai punti di vista. E’indubbio che nel nostro Paese anche solo un piccolo passo – come la semplificazione della burocrazia – suoni come una rivoluzione epocale, ma è ancora presto per esultare. Se il tutto sarà approvato, basterà un’autocertificazione, da consegnare allo sportello unico delle attività produttive del Comune di appartenenza, per organizzare un concerto con meno di 200 spettatori. C’è poi un’esenzione completa se lo spettacolo è promosso da una onlus per la raccolta di fondi per beneficenza.

Molti, inebriati da questa ‘vittoria’, evocano, come termine di paragone, il Live Music Act, una legge approvata dal Parlamento inglese nel 2012. Che però non è esattamente la stessa cosa.

Decreto Valore Cultura vs Live Music Act: cos’è il Live Music Act

Lasciamo perdere la terminologia: in Inghilterra c’è una legge che si chiama LIVE-MUSIC-ACT, noi abbiamo il DECRETO-VALORE(?)-CULTURA (del resto siamo ancora il paese delle ‘riproduzioni fonomeccaniche’).

Questa legge è molto diversa dalla proposta italiana: la capacità dei locali è la medesima – 200 persone – ma in Inghilterra non solo non serve nessuna autocertificazione. Non serve proprio nessun permesso.

Via libera quindi a concerti ovunque, in location che possono ospitare fino a 200 persone. UK Music, che rappresenta l’industria musicale, stimava all’epoca che il Live Music Act avrebbe permesso a più di 13.000 venue di ospitare eventi di musica dal vivo.

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