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Lana Del Rey: “Born To Die”, la recensione

Lana Del Rey: la recensione dell’album di debutto “Born To Die”

pubblicato 3 Febbraio 2012 aggiornato 16 Ottobre 2020 16:21


Si presenta con questa immagine Lana Del Rey: indifesa, sprovveduta, antica, disarmata, disarmante e semplice. Sembra che non possa fare del male a nessuno (un pò come il personaggio di Bree nella serie “Desperate Housewifes”). In realtà, proprio come nei migliori colpi di scena, ci troviamo dinanzi al classico caso in cui esclamare “l’abito non fa il monaco” diventa un must.

Dietro cotanta normalità si cela un gioiellino molto speciale che a prima vista non fa paura a nessuno ma che nel momento dell’azione inizia, con un effetto a sorpresa, ad allarmare tutti (i colleghi). Inaspettatamente coglie alla sprovvista e, visto che non si sono creati territori bellici discografici, riesce ad arrivare senza alcun problema in vetta alla classifica.

E’ questo il prologo che caratterizza la storia di Lana e del suo disco di debutto “Born To Die”, una storia che è destinata a durare tanti capitoli, tutti caratterizzati da un andamento che di sicuro porterà ad un lieto fine (almeno fino alla presentazione del prossimo libro). A seguire la recensione dell’album.

1. Born To Die. Un’efficace sessione d’archi introduce nel mondo ovattato della cantante e riesce a contribuire alla creazione dell’effetto nostalgia a cui richiama la canzone. Il registro vocale basso che Lana sfoggia nelle strofe cede il passo ad un travolgente falsetto caratterizzante il ritornello. Il tutto risulta pedante e flemmatico, soprattutto col quel fare canoro; allo stesso tempo però viene evocata un’atmosfera piena di fascino che scalda il cuore e che per questo si fa apprezzare. Voto: 7 e mezzo

2. Off To The Races. Voci in sottofondo (che sembrano urlate) catapultano l’ascoltatore in una dimensione che già dai primi suoni sembra del tutto differente rispetto a quella del brano precedente. Le sensazioni iniziali vengono subito confermate nel momento in cui parte l’inciso molto radio friendly e per questo tendente ad un mood mainstream. Ancora una volta si opta per il connubio voce grave/voce in falsetto, con la differenza che però questa volta il registro alto subisce le incursioni di note singhiozzate che richiamano alla memoria il modo di cantare di una collega (scopritela da soli). Voto: 7

3. Blue Jeans. Il gusto retrò del brano fa subito immaginare i tempi passati in cui i Blue Jeans incominciavano a prendere piede. Quando si dice “rimanere nel pezzo senza uscire fuori traccia”. Un pezzo potente che è già diventato uno dei più apprezzati del nuovo album, complice un ritornello accattivante e di facile presa. Voto: 7+

4. Video Games. Si può dire che l’ arpa che caratterizza la canzone abbia fatto storia? Questo strumento rappresenta il vero marchio di fabbrica di un pezzo che oramai sembra essere diventato un cult (in pochissimo tempo). Era facile immaginare che tale struttura musicale lenta, solenne e per certi versi pesanti potesse essere snobbata dal pubblico pop. E’ accaduto l’esatto contrario invece: Video Games ha permesso alla Del Rey di farsi conoscere e di diventare la nuova promessa del pop. Voto: 7 meno

5. Diet Mountain Dew. Si continua con ambienti più ritmati ed anche meno appetibili. Che la cantante abbia deciso di mettere a dieta l’ascoltatore dopo una bella scorpacciata iniziale? Può darsi. Voto: 5

6. National Anthem. Diverse spinte ritmiche ed un ritornello con dei cori belli forti ed incisivi sostengono l’ennesimo colpo messo a segno dalla cantante. Voto: 7

7. Dark Paradise. I suoni cupi e profondi continuano ad essere il substrato che accompagna l’intero progetto discografico. Il beat questa volta ammicca al pop più moderno favorendo la creazione di atmosfere più comprensibili per un pubblico giovane. Anche l’inciso orecchiabile contribuisce. Interessante il cambio ritmico e musicale del bridge. Voto: 6+

8. Radio. Si ritorna alla dimensione più sussurrata, flemmatica e nostalgica. Abbiamo capito che è questo l’habitat naturale dell’artista. Nello specifico questa traccia non regge il paragone con le altre proposte appartenenti allo stesso mood. Voto: 4 e mezzo

9. Carmen. Un titolo che lascia fantasticare, prima del first listen, sulla lirica e che quindi porta l’ascoltatore ad aspettarsi una strumentalizzazione più “solenne”. Le fantasie, purtroppo, crollano quando il pezzo parte e si capisce che si torna a rimarcare sullo stile che fin’ora ha caratterizzato la maggior parte del disco. In un momento iniziale questo genere a metà strada fra il pop e l’indie risulta essere piacevole in quanto non proprio convenzionale; a lungo andare però il voler spremere fino all’osso la stessa novità può diventare stancante. Voto: 5 e mezzo

10. Million Dollar Man. Si parte col modo di cantare più musicale e questo ci rincuora viste le numerose parti quasi recitate in cui siamo incappati in altr momenti del disco. C’è un pò di soul/jazz nel background – giusto un pizzico – e questo è gradevole. Voto: 6+

11. Summertime Sadness. Estati con questi ritmi difficilmente le ascolteremo in Italia. Siamo tutti figli di Danza Kuduro. Ambientazioni del genere vengono additate come tristi e per questo non meritano di essere ascoltate nella bella stagione. D’altronde la stessa Lana sembra esserne consapevole: lei parla delle tristezze estive e quindi … Dal punto di vista dell’arrangiamento abbiamo anche in questo caso dei cambi del beat abbastanza gradevoli dato che conferiscono dinamicità al pezzo. Voto: 6 e mezzo

12. This Is What Makes Us Girls. La stanchezza a questo punto dell’album inizia a farsi sentire, nonostante il brano dia una ventata di freschezza. In effetti il mood in questo modo cadenzato è sempre lo stesso e ciò ad un certo punto mette noia. Il pezzo preso singolarmente ha comunque qualità ma se facciamo un discorso d’insieme guardando a tutto il percorso fatto in questo lavoro (arrangiamenti, modo di cantare, melodie) ci si rende conto che l’ascoltatore POP è costretto a sforzarsi in più di un’occasione ed arrivati a tal punto si verifica una perdita delle proprie forze uditive. Non si tratta di musica immediata, diciamocelo. Questo non significa però che non sia affascinante, intendiamoci.

13. Without You. Voto: 6 Poco coinvolgente.

14. Lolita. Voto: 7+ Irresistibile.

15. Lucky Ones. Voto: 6+ Copia di se stessa. Ad ogni modo carina.

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