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Freddie Mercury tra droga e sesso (secondo il libro del suo assistente)

Sesso, droga e Aids nelle pagine del libro scritto dall’assistente di Freddie Mercury sulla vita del cantante

pubblicato 20 Ottobre 2011 aggiornato 30 Agosto 2020 18:50


Se c’è una cosa che, generalmente, proprio non tollero e sopporto sono i famigerati “Libri verità” che vengono scritti (e pubblicati) su un personaggio famoso che ormai è morto. Sono dell’idea che, tranne nel caso di parenti che lo hanno amato e lo ricordano con affetto, gli altri siano, quasi tutti, casi di ricercata notorietà. Ed irrispettosa. Per un semplice fatto banalissimo: il diretto interessato non potrà mai replicare.

Questa premessa è necessaria anche per parlare del nuovo libro di Peter Freestone, assistente per ben 12 anni, di Freddie Mercury. L’uomo ha voluto dare alla stampa un volume nel quale ricorda il cantante. E ovviamente si sofferma sulle presunte serate a base di sesso e delle giornate scandite dagli acquisti di droga.

In questo modo, il mix aumenta la curiosità e si ottiene l’attenzione desiderata. Sulla vita non di se stessi, ma di un morto

Ecco alcuni passaggi che hanno fatto scalpore:

“Non puoi capire che cos’è l’Hiv finché non vedi da vicino come consuma gli uomini. Ho vissuto al suo fianco l’era della luce e quella del buio. Dopo la diagnosi, è scesa la notte. Ho visto la più straordinaria delle vite glamour trasformarsi in una mesta fuga dal mondo. Negli anni felici, quando non era impegnato a scrivere musica memorabile, Freddie si buttava sul sesso. Per lui era un’attività spensierata da praticare senza grandi investimenti emotivi. L’amore di cui cantava apparteneva a un’altra dimensione e non so se l’abbia mai sperimentato di persona”

Le serate nei locali gay:

“Freddie adorava il Saint, un vecchio teatro nel Lower East Side di New York trasformato in uno spettacolare nightclub per omosessuali. Riuscii a ottenere la tessera di socio onorario in modo che il suo nome non comparisse fra quello degli avventori. Il difficile fu conquistare l’armadietto. Non se ne poteva fare a meno perché, dopo avere indossato gli indumenti fetish e il necessario da mettersi sopra durante le danze, vi si riponevano i vestiti normali e la droga”

… e la dipendenza dalla droga:

“Il venerdì pomeriggio andavo a casa del nostro ‘amichevole’ spacciatore di fiducia nel Lower West Side. Su un tavolo c’erano due cestini da lavoro di metallo con dentro un vasto assortimento di pastiglie e polverine, tutti etichettati con nome e prezzo. Mancava solo il carrello”

Via | TgCom

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