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Oasis: il 30 agosto 1994 usciva “Definitely Maybe”

Oasis: il 30 agosto 1994 usciva “Definitely Maybe”

pubblicato 30 Agosto 2011 aggiornato 30 Agosto 2020 19:40


Nei primi mesi del 1994 gli Oasis non avevano ancora pronto il disco d’esordio ed erano già allo sbando. Noel aveva cacciato il primo produttore Dave Batchelor, conosciuto durante il suo lavoro di roadie con gli Inspiral Carpets. Tutto da rifare: i brani non avevano mordente, non avevano il ‘tiro’. La band andò in vacanza ad Amburgo. Tornò poco dopo, col morale a terra e Alan McGee della Creation Records (l’etichetta con cui avevano firmato qualche mese prima) che scalpitava. Dov’era questo disco? Cosa rispondere alla stampa, ma soprattutto alla BBC Radio 1 che aveva trasmesso “Columbia”, in anteprima, per ben 19 volte, nonostante non fosse mai arrivato nei negozi?

Gli Oasis partirono per la Cornovaglia. Dietro al banco di regia, ‘stavolta c’erano Mark Coyle e lo stesso Noel Gallagher, convinto che sarebbe riuscito a catturare la forza del gruppo anche in studio. Si sbagliava, ma non di molto: la band non era pronta per registrare i brani insieme e fu costretto a effettuare tantissime sovraincisioni dei vari strumenti. Risultato? Un pasticcio, ma non si sarebbe potuta affrontare una terza session. Marcus Russell della Creation prese in mano la situazione e contattò l’ingegnere del suono Owen Morris. Morris confermò la diagnosi (“Hanno fatto un casino…”) e si mise al lavoro. Quello che ne uscì il 30 agosto di 17 anni fa fu “Definitely Maybe” come lo conosciamo. Uno degli esordi più potenti degli ultimi vent’anni.

Prima posizione nella classifica UK, sette dischi di platino e un record: l’album d’esordio che ha venduto più copie nel minor tempo nella storia della musica inglese. Liam e Noel Gallagher, Paul Arthurs, Paul McGuigan, e Tony McCarroll si trovarono catapultati tra le rock ‘n’ roll star, proprio come recitava il profetico titolo della prima canzone in scaletta. Degli atteggiamenti di entrambi i fratelli Gallagher non parleremo in questa occasione, tanto meno della rivalità con i Blur per il primato in quella che fu definita la scena Brit-pop. I due ci ‘deliziano’ ancora oggi con siparietti al limite del ridicolo, mentre Albarn, Coxon e soci hanno intrapreso altre strade in ambito musicale. Quello che ci interessa è il valore di “Definitely Maybe” come disco e, in questo caso, c’è da togliersi il cappello.

Grezzo nei suoni e immediato, “Definitely Maybe” non era però un disco ‘rock’. Era (ed è) un disco di pop, nella migliore tradizione britannica: quella che unisce il gusto per la melodia alla sfacciataggine del rock ‘n’ roll. Quella che produsse il cosiddetto ‘blues bianco’ e – poco prima – diede vita ai Rolling Stones. Quel tipo di pop che nasceva dal pronfondissimo snobismo nei confronti dell’America eppure le teneva costantemente un occhio puntato, per carpirne i segreti. Avete presente quanta America c’è nei primi due accordi di “Rock ‘n’ Roll Star“? Come il contrasto del titolo (Decisamente Forse), l’altra ‘faccia’ degli Oasis era ovviamente la loro devozione ai Beatles. Terzo singolo e terza traccia dell’album, “Live Forever” è considerata da molti una delle loro migliori hit e non a torto. Mix incredibile dell’asprezza della provincia inglese e di raffinatezze melodiche, è anche uno dei brani che Liam ha cantato meglio e la frase ripetuta nel finale “you and I are gonna live forever” suona come una drammatica promessa che, allora, entrò di diritto (primo singolo a riuscire nell’impresa) nella top ten del Regno Unito.

Gli Oasis, pur avendo da subito un sound riconoscibilissimo, erano capaci di declinarlo su vari registri. La dimostrazione è nella psichedelia di “Up in the Sky“, il richiamo al punk di “Bring it on Down“, il beat di “Digsy’s Dinner“, la tirata e trasgressiva “Cigarettes & Alcohol” che fa il paio con “Supersonic” e il suo verso “I’m feeling supersonic / Give me gin and tonic” che divenne praticamente un inno delle serate nei pub dove si suonava dal vivo. Fino alla conclusione, l’amara “Married With Children“, riflessione aspra sulla vita di coppia, affidata a un cantato in cui Liam (storpiature canoniche delle vocali a parte) è quasi irriconoscibile. Un ‘quadretto folk’ che potrebbe essere la sigla di un qualche telefilm della BBC dei ’60s e invece è l’ennesima dimostrazione del versatile talento di Noel.

Concludiamo con una contraddizione e una constatazione. Il dicembre dello stesso anno, uscì “Whatever“: splendido singolo con arrangiamento orchestrale che gli Oasis avevano scartato dalla tracklist di “Definitely Maybe”. Nonostante Noel Gallagher affermò di aver scritto la canzone in pochi minuti, ispirandosi a una frase della madre Peggy, il brano ricevette anche un’accusa di plagio (solo per una frase) da Neil Innes, autore di “How Sweet to Be an Idiot” ottenendo il riconoscimento dei diritti d’autore per quella parte di testo. Sembrerà strano ma la constatazione parte proprio da qui: da come “Definitely Maybe”, anche in questo, fu un disco popolare, ‘epocale’ nel senso più ampio del termine. Figlio di un’epoca e di una tradizione (quella british) che erano riassunte tutte in quelle undici canzoni. Poi sarebbe arrivato il successo planetario di “What’s the story”, ma sono questi gli Oasis che vale la pena ricordare sempre. A un passo dal fallimento prima ancora che il disco vedesse la luce, ruvidi e spocchiosi, con una voglia di arrivare quasi esasperante. Capaci di grandi momenti, nonostante il caos da cui poi rischiarono di venire inghiottiti loro stessi. Fino allo scioglimento, fino al prossimo disco.