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Napster in Italia, lo streaming diventa legale

Arriva in Italia il nuovo Napster: un altro servizio di streaming musicale, gratuito e a pagamento, pronto a fare concorrenza ai più famosi Spotify e Deezer, senza dimenticare la sua antica storia di software per il file sharing.

pubblicato 5 Giugno 2013 aggiornato 30 Agosto 2020 07:48

Pronunciando la parola Napster qualcuno inizierà a sospirare ricordando i tempi andati, ma è tempo di rinnovare i ricordi: risolte le controversie legali e dopo l’acquisto del marchio da parte della Rhapsody, il primissimo servizio di streaming musicale attivo già dal 2001, Napster è entrato in prima fila nella lotta per la diffusione della musica in streaming con lo sbarco europeo, che include anche l’Italia.

Il software di condivisione musicale, ormai diventato un servizio di streaming musicale gratuito e a pagamento come il più famoso Spotify, arriva nel nostro paese con un ricchissimo catalogo di 20 milioni di brani ascoltabili sia dal computer, sia dal telefonino o dal tablet: il servizio è disponibile per gli smartphone e i tablet Android, oltre naturalmente all’iPhone, iPad e iPod touch di casa Apple. Al costo di 9,95 euro al mese si può accedere al servizio di streaming illimitato dai propri devices, sia in modalità online sia offline, in modo da poter usufruire liberamente della fornitissima libreria musicale proposta da Napster. Il vicepresidente e general manager della compagnia per l’Europa, Thorsten Schliesche, ha spiegato con le leggi del mercato la scelta del lancio di Napster anche in Italia:

Sul fronte digitale nel 2012 il mercato italiano è cresciuto del 29.5% in più rispetto all’anno precedente. È così importante lanciare Napster in un mercato che ha già mostrato un 13% di crescita nel primo quadrimestre 2013: ciò significa che possiamo contribuire a questo così positivo trend attraverso un’offerta molto particolare e innovativa.

La guerra dello streaming musicale vede quindi in campo un altro concorrente, oltre ai già noti Spotify e Deezer e al prossimo arrivo di iRadio, di proprietà Apple, e al futuro servizio di Google Play Music Access, che la società di Mountain View sta ultimando per lanciarlo sul mercato della musica on demand.

Fa strano, soprattutto a chi ne sfruttava le caratteristiche nel lontano 1999, pensare a Napster come un servizio di streaming musicale. Nei primi anni Duemila, nominare Shawn Fanning, il creatore originario di Napster assieme a Sean Parker, era come nominare un Dio della musica gratuita: con il suo software aveva sdoganato la condivisione dei file musicali, rendendo irresistibile l’accesso ad un numero incredibile di dischi e canzoni che i singoli utenti potevano scambiarsi liberamente, utilizzando un sistema dipeer-to-peer “impuro” che permetteva di passarsi i file senza dare troppo nell’occhio.

La fama di Napster crebbe a dismisura, tanto che si rese protagonista di una controversia legale con i Metallica nel biennio 2000-2001, che chiedevano il risarcimento al sito di Napster per aver messo in condivisione un brano non ancora ufficialmente pubblicato, I Disappear, accusandoli di aver rubato la proprietà intellettuale del brano e chiedendo l’espulsione di ben 335mila utenti che a loro dire avevano scaricato illegamente materiale musicale dei Metallica. La causa si concluse con un accordo tra le parti, ma passò alla storia per essere stata la prima azione legale della musica 2.0 e per aver messo sotto i riflettori il fenomeno del file sharing, considerato a tutti gli effetti una pirateria musicale su larga scala.

Dopo qualche anno di oblio commerciale, dovuto agli scarsi profitti ottenuti con i vari tentativi di recupero dello storico marchio di Napster, questa potrebbe essere veramente l’occasione per il definitivo rilancio, vista anche l’importanza della nuova fruizione musicale dello streaming disponibile soprattutto sui telefonini, ormai i supporti fisici preferiti di chi ascolta la musica in movimento.

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