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Daniele Silvestri live a “Rock in Roma”: il report

La recensione del concerto di Daniele Silvestri a “Rock in Roma”, Ippodromo delle Capannelle 18 luglio 2011

pubblicato 19 Luglio 2011 aggiornato 30 Agosto 2020 20:20


Che è una serata ‘particolare’ lo si capisce da subito. Da come Daniele Silvestri e la sua band salgono sul palco di “Rock in Roma“, davanti a un Ippodromo delle Capannelle affollatissimo. Rilassati, sembra di osservarli durante una session in studio. D’altronde sono gli amici di sempre, prima che musicisti del gruppo. Piero Monterisi alla batteria, Maurizio Filardo alle chitarre, Gianluca Misiti alle tastiere, Gabriele Lazzarotti al basso e Ramon Josè Caraballo alla tromba e alle percussioni: tutti si conoscono da anni, tutti o quasi sono partiti da quel “Il Locale” che ora non esiste più ma è stato una traccia indelebile nella formazione della cosiddetta ‘Scuola romana‘.

Pronti per stasera? Ore 21:30! Ci sara’ un po’ di affollamento sul palco…

Era il post scritto poche ore prima del concerto sul suo blog. Promessa mantenuta, tanto che il live è quasi un gioco a indovinare “chi sale ora?”. Ospiti accolti e messi a proprio agio: nonostante il palco non sia certo un salotto, finisce per somigliargli molto. Inizia Raiz degli Almamegretta, poi l’amico di sempre, Niccolò Fabi che duetta con Silvestri su “Sornione”, una fugace e esilarante apparizione di Pino Marino, Peppe Servillo degli Avion Travel che recita con la solita, magistrale bravura. Un’improvvisata di Valerio Mastandrea su “Gino e l’alfetta”, vestito da donna, che semina il panico e suona anche la batteria con Monterisi.

Daniele Silvestri live a "Rock in Roma": il report

C’è spazio per una commemorazione importante, appena scoccata la mezzanotte. Il ricordo della strage di via D’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta. Un momento svuotato di ogni retorica, accompagnato da un filmato d’archivio di un telegiornale dell’epoca, che lo stesso Silvestri ricollega al brano con cui è iniziato il concerto: la cover di “Io non mi sento italiano” di Gaber, come antitesi a uno dei motivi di orgoglio rappresentato dal giudice palermitano.

Poi c’è la musica. Ed è un piacere per chi scrive, ritrovare dopo qualche anno dall’ultimo concerto visto, un Daniele Silvestri in piena forma. Complice l’intesa con una band molto più che rodata, la sensazione è di un artista che riesce ancora a divertirsi, supportato da un suono solido e da una grande ‘spinta’ di ogni elemento. Arrangiamenti che forse rischiano poco (tranne nel finale ‘sudamericano’ con percussioni, ukulele e chitarra classica o nell’inserimento di un quartetto di fiati, gran valore aggiunto su alcuni brani), ma ottengono molto in termini di risposta del pubblico e impatto emotivo.

I ‘rischi’, Silvestri li corre con la scaletta che riesce ad accontentare tutti senza essere scontata. Prende a piene mani dal passato (con una simile discografia sarebbe un delitto non farlo), rielabora, insiste sfruttando l’accoppiata ritmica Monterisi/Caraballo e approfitta delle tastiere di Misiti: marchio di fabbrica di un suono che la Capitale si porta dentro dagli anni ’90. Il finale è affidato – prevedibilmente – a “Cohiba”, ma il momento in cui Silvestri e il pubblico si ‘restituiscono’ tutto l’affetto e la passione di anni è “Testardo”: un liberatorio “Mortacci tua” che viene anche dedicato. A chi, lo lasciamo immaginare a voi.

Foto | via

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