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Balerasteppin, intervista con Dargen D’Amico

E’ uscito da poco Balerasteppin il nuovo disco solo virtuale del rapper milanese Dargen D’Amico, pensato e realizzato insieme al dj Nick Sarno, in cui alcuni grandi classici della musica italiana e non sono reinterpretati lasciando inalterato solo il testo. Il suo ultimo lavoro da solista è il doppio disco D’, del 2010. Siccome Dargen

pubblicato 17 Febbraio 2011 aggiornato 30 Agosto 2020 22:13


E’ uscito da poco Balerasteppin il nuovo disco solo virtuale del rapper milanese Dargen D’Amico, pensato e realizzato insieme al dj Nick Sarno, in cui alcuni grandi classici della musica italiana e non sono reinterpretati lasciando inalterato solo il testo. Il suo ultimo lavoro da solista è il doppio disco D’, del 2010. Siccome Dargen (al secolo Jacopo) è un cantante che potremmo definire quasi “nativo” di internet, gli abbiamo chiesto di raccontarci come germoglia e si diffonde la sua musica sul web.

Quale pensiero sta dietro alla tua scelta di distribuire i tuoi dischi via web e spesso gratis?

Distribuirli nel web non è una scelta oggi, è improbabile una via differente:anche i quotidiani nazionali escono nel web… con le due parti di D’ abbiamo voluto semplicemente testare il canale pubblicando un album solo in digitale. Il 1° di aprile però pubblicheremo un’edizione speciale fisica della somma delle due parti di D’ che si intitolerà CD’. Per quel che riguarda il progetto Macrobiotics invece, abbiamo regalato Balerasteppin perchè era implicito nel concetto di ready-made amateur. E sinceramente non ce la sentivamo di lucrare su una raccolta di cover che per noi è più che altro una scelta di campo e una “fotografia”.

Quindi il web è come dire, un “allargamento delle tecniche promozionali” finalizzate a vendere dei cd o è già un punto di arrivo di suo?

Non so cosa sia il web, il web è tutto e niente, per questo va d’amore e d’odio con l’arte, perché sono molto simili.

Per tornare a Balerasteppin: è un tributo alle tue passioni per i cantautori? Non hai avuto paura paura di andare a calpestare alcuni “terreni sacri”?

Come si dice, a star fermi, fiori non se ne calpestano; il peso dell’amore per alcuni testi è più forte del timore di venire malinterpretati… la forza di alcune musiche contemporanee è più chiara di qualsiasi motivazione filosofica per un progetto la cui lavorazione è durata un paio di settimane.

Riproponi quei pezzi dal vivo? Come li accolgono i più giovani?

Sì certo! Diciamo che i giovani-molto-giovani li accolgono come fossere canzoni inedite, non hanno un’idea chiara di chi sia, diciamo, loredana bertè e non stanno neanche troppo a guardare la grafica di Balerasteppin nella quale è chiaramente specificato il tipo di lavoro fatto.

L’affidamento al download dal web riduce di molto i tempi tra scrittura di un pezzo e fruizione da parte del pubblico?

Tralasciando Balerasteppin che è un caso limite perchè non è stato necessario scrivere le canzoni e il tempo se n’è andato principalmente vagliando ipotesi musicali e studiando metriche per realizzare i mash-up, direi di no. Per quanto riguarda D’, la lavorazione è durata un anno, nella media di qualsiasi disco, però è vero la reattività è istantanea e l’autonomia pressochè completa

E’ appropriato parlare di rapporto 2.0 coi tuoi fan? Cioè la pagina su Facebook, il tuo blog, il download…. sono elementi che avviocinano davvero? C’è realmente più feedback?

Non c’è pericolo oggi che manchi il contatto, i fan sono amici per usare una metafora da social network… i piani esistenziali non sono più separati: mi vedono come un amico e mi parlano senza troppi peli sula lingua, specialmente on-line. Il discorso feedback meriterebbe mesi di analisi; un ritorno dalle canzoni è necessario, in tutti i sensi, se vogliamo che portino a nuove canzoni, tutto il resto sono orpelli inutili, l’obbiettivo è rendere autonome le canzoni, arrivare al punto che che si generino autonomamente. Tutto il resto è contorno.

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