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Sanremo Giovani 2011: Raphael Gualazzi, l’intervista

Lo ricorderete per la sua versione di “Don’t stop” dei Fleetwood Mac, scelta come colonna sonora dello spot Eni. E’ da lì che ha iniziato la sua affermazione tra il grande pubblico, anche grazie all’incontro con Caterina Caselli che gli ha proposto un contratto discografico con la Sugar Music, con cui ha pubblicato un omonimo

pubblicato 7 Febbraio 2011 aggiornato 30 Agosto 2020 22:23




Lo ricorderete per la sua versione di “Don’t stop” dei Fleetwood Mac, scelta come colonna sonora dello spot Eni. E’ da lì che ha iniziato la sua affermazione tra il grande pubblico, anche grazie all’incontro con Caterina Caselli che gli ha proposto un contratto discografico con la Sugar Music, con cui ha pubblicato un omonimo ep digitale nel 2010. Parlo di Raphael Gualazzi, musicista trentenne di Urbino che si appresta a partecipare al Festival di Sanremo, nella categoria Giovani, con la canzone “Follia d’amore” scritta prodotta e arrangiata dallo stesso Gualazzi, contenuta nel nuovo album “Reality and Fantasy” in uscita il 16 febbraio.

Cantante e compositore raffinato, nelle sue canzoni esprime stili molto distanti fra loro, che trovano un punto di incontro nella maniera particolare con cui riesce a mescolare rag-time, jazz, swing con la musica moderna, dal funk, al soul , al r’n’b’. Lo abbiamo raggiunto per fargli qualche domanda sulla sua formazione, su Sanremo e i prossimi progetti. E’ apparso un musicista colto, impegnato, concentrato unicamente nel suo lavoro di cantante e compositore, molto lontano dai giochi e dalla competizione del Festival. D’altra parte per emergere quel che conta è l’impegno e lo spirito di sacrificio. E lui sembra esserne a conoscenza.

Ciao. Nel 2005 hai pubblicato il primo album “Love Outside the Windows” con cui è iniziata la tua ascesa. Forse la tua vita è cambiata grazie all’incontro con Caterina Caselli. Quanto è cambiata la tua carriera dopo quel giorno?

Certo che la Sugar ha sicuramente agevolato il mio lavoro e la possibilità di esprimermi attraverso la mia passione, che è comporre musica e suonare. Il primo album era in lingua inglese. Poi, ho suonato alcune cose all’estero, al Java Festival di Giakarta e poi ho partecipato al progetto “The History & Mystery of Jazz, che mi ha visto accanto ad altri musicisti. Al ritorno dall’America, nel 2009, il mio editore Franco Daldello della PeerMusic mi è ha proposto di incontrare la Caselli per un contratto discografico. Daldello mi ha fatto registrare dei provini, composizioni solo piano e voce e a volte più arrangiati, e li ha proposti alla Sugar che mi ha chiamato per un’audizione. E’ stato un bell’incontro: subito dopo ho firmato il contratto.

Cos’è la musica per te?

Insieme a tutte le emozioni che ne possono derivare è la mia più grande passione, e sento di dedicarmi a lei con tutto me stesso.

La tua carriera è già avviata a livello internazionale, perché hai deciso di partecipare al Festival di Sanremo? Fra l’altro penso che la lingua con cui sei veramente a tuo agio sia l’inglese.

Compongo anche in italiano, è la mia lingua, e se ne conoscessi altre oltre l’inglese avrei il piacere di usarle tutte perché credo che la musica abbia il diritto di essere espressa in diverse lingue. Sanremo è uno dei pochi momenti storici che riguarda la nostra tradizione, la nostra italianità. Sono onorato di parteciparvi.

Ti hanno avvicinato ad alcuni artisti italiani come Paolo Conte. Quali artisti ascolti sia italiani che stranieri e quale grande del passato ti ha influenzato?

Credo di saperne di più di musica oltreoceano di quanto ne possa sapere di musica italiana. Mi sono ispirato al jazz da fine anni ‘10 agli anni ‘40 inoltrati che hanno avuto come capiscuola Thomas ‘Fats’ Walzer e James P. Johnson, Brad Williams, e negli anni ’50 a figure come Oscar Peterson, e a grandi direttori di swing band come Count Basie e Duke Ellington. Non ho mai affrontato la matrice in maniera filologica ma l’ho sempre personalizzata, contaminata con il colore della musica moderna, dal funk al soul, al r’n’b. La musica mi piace in tutte le sue sfaccettature.

“Reality e Fantasy”, il tuo nuovo album che uscirà febbraio, è indirizzato al mercato internazionale? Ci parli del disco?

Sarà variegato sia nella lingua e che nei sapori musicali, con partecipazioni internazionali. Per quanto riguarda il mercato internazionale ce lo auguriamo tutti, non sono completamente addentro le dinamiche gestionali di questa vicenda, sono più all’interno di quelle artistiche.

Hai in programma un tour dopo Sanremo?
Sì, partiamo con sei date ufficiali a partire dall’8 marzo, poi ci saranno altri impegni tra aprile e maggio. Sarò accompagnato dalla mia band composta da sei musicisti (tromba, sax baritono e sax contarlo, chitarra, basso elettrico o contrabbasso, batteria o percussioni).

Secondo te chi vincerà il Festival di Sanremo?
Non ne ho la minima idea, non sono molto aggiornato, considera che non ho neanche la televisione.

Cosa consiglieresti ai giovani che vogliono intraprendere un percorso musicale simile al tuo, in un ambiente in cui c’è tanta competizione?

Prima di tutto annullarei il concetto di competizione, la musica deve unire le persone e non metterle in competizione. Consiglio di intraprendere esperienze che possano aiutare nella crescita di un musicista, come confrontarsi con il pubblico in una jam session, o seguire un bel concerto. Denominatore comune all’interno di ogni fase della formazione è il sacrificio, l’applicazione, l’impegno, sia che si tratti di suonare uno strumento sia che si tratti di cantare.

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