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Paramore, il nuovo album dei Paramore: recensione del web e dei lettori

Paramore, ecco la recensione del web e dei lettori del nuovo album dal titolo omonimo

pubblicato 18 Aprile 2013 aggiornato 30 Agosto 2020 09:27

Paramore è il nome del quarto album in studio della band omonima, uscito lo scorso 9 aprile 2013.

L’album è prodotto da Justin Meldal-Johnsen ed è il primo Lp senza i fratelli Zac e Josh Farro. Questo provoca un cambiamento di genere e di sound della band, con musica elettronica, indie e gospel. Il motivo della scelta di questo titolo lo rivela proprio Haykey Williams:

“L’album omonimo è senza dubbio una dichiarazione. Sento come che non sia solo una reintroduzione della band al mondo, ma anche a noi stessi. È definitivamente quello che siamo. È così “Paramore”. Non penso che ci sarebbe potuto essere nessun altro titolo su cui avremmo potuto lavorare”

Il primo singolo è stato Now -pubblicato lo scorso 22 gennaio 2013- seguito da Still into You, uscito il 14 marzo.

Il produttore Meldal-Johnsen ha spiegato così questa nuova direzione dell’album:

“Non hanno più bisogno di essere una band pop-punk. Ora possono mettere in pratica le loro stesse idee. Tutto ciò che sto cercando di dire è che non stiamo cercando di perdere deliberatamente la loro commercialità, sto dicendo che sono qui per articolare la loro visione per un ulteriore passo di crescita. Non ho paura di aggiungere una chitarra a un sintetizzatore, per esempio. Voglio che l’album sia veramente profondo e un po’ meno fisso e computerizzato. Più 1981 che 2012, ma con un richiamo al 2016”

Il gruppo sarà in concerto a Milano il prossimo 10 giugno 2013 all’Ippodromo del Galoppo

Oggi scopriamo insieme le prime recensioni del web sul loro quarto album di inediti. La critica avrà promosso o bocciato il lavoro dei Paramore?

Recensioni Paramore

Sputnikmusic: Hayley Williams dà la prima di diverse scarse performance cantate dell’album, i versi sono senza tono e lei cerca di stipare troppe parole senza realmente dire nulla

The Observer (UK): L’emo commerciale che ha permesso all’album Tennessee dei Paramore di ottenere vendite da disco di platino è ancora presente nel loro quarto album, così come le ballate banali, ma c’è anche una nuova volontà di provare altri generi. I risultati sono vari, misti

Consequence of Sound: Sotto il testo vive uno schema tutt’altro che coeso di canzoni. Ma quando la band concede ai brani un po’ più di respiro, mostrano una certa crescita e un buon tempo per riuscirci

This Is Fake DIY: Questo può non essere quello che ci aspettavamo, non possono essere i Paramore che abbiamo imparato a conoscere e ad amare. Ma, allo stesso tempo, qui sono una band che sta ancora scoprendo chi è e questo album può presentarsi come un passo importante verso questa strada

NME: I Paramore sono sempre stati più pop di quanto i loro fan vogliano ammettere e questa corrente di rinascita si sente come un passo di transizione verso qualcosa di grandioso

Rolling Stone: I Paramore 2.0 mantengono la loro firma post-emo pop-metal (vedi la sfolgorante “Be Alone”), e hanno aggiunto una elasticità Stefani-Clarkson che a volte sembra quasi un debutto solista

Absolute Punk: Come album completo, Paramore certamente non è per tutti – ma c’è sicuramente qualcosa per chiunque. Se non ti diverti a un certo punto del disco, probabilmente non ci stai provando

The Guardian: Forse con 17 tracce è un po ‘troppo lungo, ma la vivace nuova direzione dei Paramore li veste bene

Spin: Questo è il loro album più lungo, ha la più alta posta in gioco e funziona

The A.V. Club: Se Paramore ha un difetto, è che ci sono così tante cose e tante sfumature stilistiche che il disco mai del tutto fonde insieme

All Music Guide: Paramore è una vera e propria opera pop di una band che rinasce, come la fenice dalle ceneri, migliore e più forte di ogni incarnazione precedente

Alternative Press: Un tentacolare mostro formato da 17 canzoni, 64 minuti, che è senza dubbio la più bella musica che questi tre artisti – il cantante Hayley Williams, il chitarrista Taylor York e il bassista Jeremy Davis – abbiano mai fatto

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