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2011: vent’anni da quel memorabile 1991

Si fa presto a dire 1967… album come “The Velvet Underground & Nico” e “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” sono da top10 di sempre, senza contare (fra gli altri) i debutti di Doors, Jimi Hendrix e Pink Floyd. Difficile non ammettere che quello sia stato l’anno con la maggiore concentrazione di capolavori.Però a mio

pubblicato 5 Gennaio 2011 aggiornato 31 Agosto 2020 00:12

Si fa presto a dire 1967… album come “The Velvet Underground & Nico” e “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” sono da top10 di sempre, senza contare (fra gli altri) i debutti di Doors, Jimi Hendrix e Pink Floyd. Difficile non ammettere che quello sia stato l’anno con la maggiore concentrazione di capolavori.

Però a mio avviso c’è un’anno quasi dello stesso livello: il 1991. Gli anni ’80 per molti sono sinonimo di canzonette e luci colorate, ma in realtà sono stati anni fondamentali… anni di contaminazioni e di sperimentazioni che hanno poi influenzato buona parte della musica dei due decenni successivi. Nei primissimi anni ’90 alcune di queste contaminazioni hanno iniziato a varcare le barriere del mainstream.

L’apice di questo fenomeno si ebbe nel 1991: probabilmente mai quanto in quell’anno, successo (enorme) e qualità andarono così di pari passo. Prima di tutto la grande triade del rock alternativo anni ’90: “Nevermind” dei Nirvana, “Blood Sugar Sex Magik” dei Red Hot Chili Peppers e “Ten” dei Pearl Jam, tre campioni assoluti di vendite e allo stesso tempo fra le opere più importanti degli anni novanta.

In teoria basterebbero questi tre dischi (tra l’altro usciti praticamente insieme), ma nel 1991 c’era davvero voglia di fare le cose in grande: tre band che hanno marchiato a fuoco gli anni ’80 raggiunsero l’apice della loro fama mediatica con ottimi album: i Metallica con l’omonimo disco, gli U2 con l’acclamato “Achtung Baby” e i R.E.M. con “Out of Time”, che non è certo il loro miglior album, ma fu quello del grande salto.

Bastano?? Ovviamente no… è stato anche l’anno di quattro degli album più influenti degli ultimi due decenni: “Screamadelica” dei Primal Scream con il quale perfezionarono la commistione fra dance e rock, “Blue Lines” dei Massive Attack, che diede la vita al trip hop, “Spiderland” degli Slint, l’album simbolo del post-rock e quello che oltre ad essere probabilmente la massima creazione del 1991, rappresenta anche l’ultima grande svolta epocale: “Loveless” dei My Bloody Valentine (rimanendo sullo shoegaze, dello stesso anno anche il bellissimo debutto degli Slowdive: “Just for a Day”)

Poi il grunge di “Badmotorfinger” (Soundgarden) e “Temple of the Dog”, la pazzia dei Mr.Bungle (omonimo) e Primus “Sailing the Seas of Cheese”, il noise-rock di “Goat” dei Jesus Lizard, la psichedelia di “Yerself Is Steam” dei Mercury Rev, il rap degli A Tribe Called Quest, De La Soul e Gang Starr, il metal dei Death, l’elettronica degli Orb, la ricercatezza dei Talk Talk… la lista sarebbe lunghissima ed è veramente difficile non lasciare fuori nessuno.

Oggi sono passati vent’anni e da allora non abbiamo più avuto un anno con tanti album destinati a fare la storia della musica. Dalla seconda metà degli anni ’90 in avanti la mercificazione sempre maggiore della musica pop (boy/girl bands prima, trash/porno-dive poi) e la crisi discografica, hanno fatto in modo che risultasse sempre più difficile trovare grandi album in grado di avere anche un enorme successo di massa.

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